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LAGO DI MONATE: L'ETERNA PESCA (SCIROPPATA)

2023-01-26 09:01

MARIANO SCARDINO

Food,

LAGO DI MONATE: L'ETERNA PESCA (SCIROPPATA)

LA LENTA LEGGENDA ORIENTALE DEL FRUTTO INCROCIA UN CUOCO E UNO STAGNINO SUL LAGO DI MONATE


Da 100 anni le pesche del Lago di Monate deliziano le nostre tavole. E’ quasi un secolo che il frutto sacro di Arpocrate, Dio egizio del silenzio, viene coltivato nel territorio di Travedona Monate.

 

 Leggenda vuole che all'inizio del secolo scorso, il cuoco di Villa la Motta - la residenza estiva dei Visconti di Vimodrone - ricevette incarico di trovare un modo per gustare nel tempo, anche fuori stagione, le famose pesche del lago. 

 

Con lo stagnino Luigi Colombo, il cuoco, trovò la soluzione, conservando il frutto del cuore in un barattolo di latta. In “An Illustrated Guide to Imagery and Its Meaning” Jack Tresidder sostiene che nell’arte rinascimentale la pesca rappresenti il cuore.
 

La leggenda attorno a questo frutto arriva anche dall’antico Oriente e la scena è sempre la stessa: quella di un lago e del frutto, come nutrimento eterno, del tempo lento. Si narra che un giorno in un villaggio lontano, in Cina, un pescatore andò a pescare nei pressi di un lago nascosto fra le cime delle montagne. Si spinse in un’insenatura per arrivare in quella che sembrava una grotta, e che si rivelò invece la riva scura di un lago, aperta su una vallata di alberi di pesco. 

 

Il pescatore si fermò ad osservare come in un sogno il paesaggio nutrendosi per tre giorni di quei frutti. Tornando al suo paese non trovò più la stessa
famiglia, la stessa casa, gli stessi amici. Per il resto del mondo il tempo che lui aveva trascorso a mangiare quei frutti si era diluito lentamente in 100 anni; per lui si era fermato nella vallata del lago e non era più passato. Da allora, leggenda vuole che le pesche in Oriente siano simbolo di eternità e salute, ritenute immortali.


Se c’è un romanzo che racchiude un’immagine “letteraria” di Slow food, e del trascorrere del tempo lento ed eterno fra cibo e cucina è Kitchen di Banana Yoshimoto, edito in Italia da Mondadori nel 1991. 

 

"Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina" .didichiara  Mikage, la protagonista del romanzo che ama tutte le cucine, quelle nuovissime, scintillanti,industriali e minimal e quelle vecchie e vissute della nonna. 

 

Le azioni di Mikage intenta a cucinare, sono in ogni riga lente, anzi lentissime e ripetitive, rituali e contemplative, piccoli gesti sospesi, diluiti nel tempo, in una cucina, fra pentole, cibo, frutti e legumi. Come in un sogno lungo 100 anni sono gesti precisi e puntuali fatti per dosare ingredienti e sviluppare ricette dell’anima. 

 

Rileggendo quelle pagine e pensando alla leggenda del pescatore nella vallata magica dei peschi, non si può che osservare che noi non lasciamo più crescere le cose, perché non abbiamo mai abbastanza tempo per l’attesa, la crescita delle stesse.


Spesso andiamo via prima, non aspettiamo i germogli, tantomeno vedere spuntare i frutti delle cose che tocchiamo, facciamo, viviamo. Slow food e Slow tourism dovrebbe poter dire fermarsi ovunque, sulle riva di un lago o in una cucina e attendere che il tempo diluisca le
nostre energie in mille rivoli di silenzio.

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