Al Castello di Masnago c’è la mostra “Graffiti di Libertà”, 23 scatti dei murales di Shamsia Hassani la prima street writer - artist afgana e l’ha organizzata la Conferenza Donne Democratiche della Provincia di Varese.
Quella di Hassani è la più eversiva e instagrammata parabola artistica degli ultimi anni. Con Instagram, Twitter e Facebook ha attraversato la rete per farsi contemplare dove nasce, sui muri di Kabul trasformati in murales, e non solo a Kabul, anche in tante altre città nel mondo. Su scatti digitali. Murales veicolati dal virtuale che paradossalmente hanno una sede reale (i supporti sono palazzi, strade, spazi e luoghi aperti e chiusi delle città scelte dall’artista). Una parabola artistica sulla libertà delle donne afgane quella di Hassani, perché disegna e impone una riflessione profonda, vera, reale di un paese e della condizione delle sue donne mostrando al contempo una speranza: la libertà dall’oppressione come meta da raggiungere.
Sotto un suo post si legge: “Grazie per i vostri messaggi e commenti dimostrano che l’umanità e la gentilezza sono ancora vivi e non hanno confini. Grazie al vostro sostegno e interesse sono al sicuro“.
Hassani nasce nel 1988, in Iran, da genitori originari del Kandahar, rifugiati di guerra. Inizia con i graffiti nel 2010, sarà docente di scultura all’ Università di Kabul fino al 2021, quando i talebani tornano ed è costretta a lasciare l’insegnamento. I suoi murales vengono cancellati e distrutti quotidianamente, ma lei, incessantemente, ricomincia ad ogni colpo di spugna perché dice che "l'arte è più forte della guerra". La sua è informazione, protesta, politica, arte che rappresenta i rivoli della quotidianità delle donne afgane, immaginandole e disegnandole libere perchè non lo sono.
“Voglio colorare i brutti ricordi della guerra e se coloro questi brutti ricordi, allora cancello la guerra dalla mente delle persone. Voglio rendere l’Afghanistan famoso per la sua arte, non per la sua guerra”.
Le donne di Hassani appaiono sotto un cielo limpido circondate da distruzione e assediate dalla paura, sono l’espressione di un mondo muto che non ha più voce. Sono presenze che interagiscono poeticamente con ciò che resta della loro quotidianità, delle loro città, della loro società civile. Abbracciano un vaso nero che contiene un fiore di tarassaco, simbolo della speranza. Con Hassani questo fiore abbracciato dalle donne è salvo ovunque, lì e nel resto del mondo. Le sue figure abbracciano anche la tastiera di un pianoforte con tasti volanti e tanti altri strumenti musicali, volteggiano e danzano esili ma sono giganti del pensiero, mesti e buoni che si mostrano lontani dalla bruttezza della guerra ed esortano a respirare quell’arte e quella poesia che può ancora risorgere per costruire una nuova coscienza sociale, politica, femminile.
Sono tante le donne artiste del mondo occidentale, da Artemisia Gentileschi a Tamara De Lempika e Frida Kahlo. Donne libere e ambiziose, come Lavinia Fontana che nell’Ottocento si cimentò in generi di pittura preclusi alle donne e più recentemente la francese Orlan e l’italiana Gina Pane che del loro corpo hanno fatto strumento d’arte. Marina Abramović e ancora nel passato Séraphine Louis, Elisabetta Sirani, Barbara Kruger.
Per tornare a quella parte del mondo di Hassani non si può non ricordare Marjane Satrapi quando nel 2000 scoppio il suo caso editoriale, durò un decennio e il suo fumetto Persepolis conquistò il mondo. . Persepolis è un racconto sulla vita a Teheran, un paese in rivolta, denso di contraddizioni che la fumettista evidenzia con profonda ironia, odio e amore. Un capolavoro d’arte che ha operato una vera e propria rivoluzione culturale. Marjane Satrapi ha raccontato l’Iran attraverso i suoi ricordi personali e familiari, ed è stata naturale e onesta. Quella stessa verità e onestà che ritroviamo in Hassani e nei suoi murales.
Castello di Masnago
Via Cola di Rienzo, 40
21100 Varese VA
T 0332 820409