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Quando riusciremo seriamente a ripensare prima di ogni cosa la nostra città, la bicicletta non sarà solo più un antico mezzo economico.
Il mezzo a pedali del futuro cittadino fu inventato dal barone tedesco, Karl von Drais, nel 1817 e il nome che scelse fu Laufmachine (Macchina da corsa).
E una macchina da corsa sembrava a tutti bambini questo primo veicolo fortemente desiderato, per scorrazzare al parco, e un po' ovunque, sistemati alla buona sul sellino.
Ha rappresentato il primo desiderio di autonomia e libertà, quel sogno infantile - ma non per questo meno importante - di istrionica, urlata, indipendenza dal seggiolone-girello. Simbolicamente una sfida, imparare a pedalare da soli caparbiamente in equilibrio sul sellino senza l’aiuto di nessuno, per raggiungere la meta valutandone coraggiosamente il numero di pedalate centrate sui pedali, in quel vialetto sotto casa e nei parchi, sotto la presenza severa e attenta dei genitori.
Secondo la filosofia Zen la bicicletta aiuterebbe la contemplazione, ci metterebbe a contatto con noi stessi.
Sarebbe una sorta di pratica meditativa su due ruote. Si dice che alleni a guardare al presente. A destare attenzione verso noi stessi.
Andare in bicicletta farebbe percepire da tutti i sensi, il presente. Si dice che pedalando percorreremmo una sorta di strada interiore.
Ma questa filosofia ci avvisa: lasciate a casa i vostri i-phone, allentate la morsa delle pedalate instagrammabili e pedalate all’aria aperta godendovi quel senso di libertà fanciullina, quella soglia di attenzione verso voi stessi che forse semplicemente riconduce al primo viottolo percorso su due ruote e rotelle aggiuntive sotto casa.
Ma sconnettetevi dal virtuale, solo questo desterà attenzione verso voi stessi.
Ed è proprio immaginando ancora le nostre “rotelle aggiuntive” divenute ripari ideali maturi - visto che non tutti siamo allenati per percorsi difficili, tantomeno di media difficoltà - che iniziamo il nostro tour in bici attorno al Lago maggiore.
Verso Laveno per la Panoramica Piancavallo, Mombello Lago e verso Baveno Feriolo Promenade, fermandoci a Colmegna, Grotto Monte Motti, S. Nazzaro.
Non è sempre necessario essere abili ciclisti, la furbizia sta nel camminare trascinandosi a mano la bici, e godersi questi paesaggi senza tempo.
Pare che la bicicletta stimoli anche l’intelligenza. Per cui ci sconnettiamo seriamente per un po' dal resto del mondo.
Persino Einstein dichiarò che la famosa formula E=mc2 gli venne in mente mentre andava in bicicletta.
Noi che geni non siamo, con bici alla mano, possiamo soltanto fermarci a contemplare il Passo del Cuvignone a Cannobio, il Cannero Riverao il Lungolago di Luino e quello alberato di Pallanza, il meraviglioso Lago Origlio e la vista sulle isole dalla panoramica a Mottarone.
Sono soltanto alcune delle vie per un tour in bici nei dintorni del Lago Maggiore, perché di percorsi ce ne sono molti e adatti a tante esigenze diverse, ma per noi importante è regalare a noi stessi un po' di attenzione.
Ricercare quella soglia che abbiamo oltrepassato perennemente connessi. Sconnessi iniziamo a percorrere quella strada interiore di cui sopra, ribaltando le convinzioni soporifere che “solo col touch esisto” e portiamo fuori la nostra meditazione.
Può essere complicato, ma la bici e questi luoghi aiutano.