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FOUR WONDERFUL LAKES

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VINTAGE VUOL DIRE SOSTENIBILITA'

2023-05-24 09:21

MARIANO SCARDINO

VINTAGE VUOL DIRE SOSTENIBILITA'

SECOND HAND ? A VARESE E DINTORNI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’usato piace a tutti, anche a quelli più snob che non dichiarano di subirne il fascino; persino  a quel genio creativo di Jean - Paul Gaultier che in un’intervista, negli Anni Ottanta, ironicamente dichiarò di aver iniziato a disegnare moda perché era stanco di andare in giro a cercare abiti nei mercatini dell’usato. 

 

Nelle grandi città i negozietti second hand, dopo la ressa degli Anni Settanta, sono quasi tutti spariti, se ne vedono sempre meno, relegati in spazi angusti stipati di abbigliamento e oggettistica, occasioni rare, insolite, firmate e non. 

 

Resistono invece nelle piccole città, in provincia. 

 

Sotto, troverete l’elenco di quelli più belli nella città di Varese.Per chi oggi sceglie usato i motivi sono diversi: dopo l’overdose di abbigliamento democratico Low cost (vedi su tuttiZara ed H&M) e di oggetti di design, più o meno appetibili economicamente.

 

Non si sceglie più l’usato per necessità, ma perché si vuole ricercare, indossare o avere in casa qualcosa di autentico e originale, specchio e scelta di un nostro personalissimo gusto. 

 

Nella nostra epoca coesistono una pluralità di estetiche e idee di bellezza, vestirsi e arredare casa: vecchio e nuovo si contaminano, come dire, Vintage & Contemporaneo docet; Heritage & Democracy; Alto-storico & Basso - Low cost, soprattutto nella moda e nel design. 

 

Immaginari che interagiscono fra di loro in maniera reticolare e che mettono in forte discussione quei modelli estetico- sociali consolidati attorno a un’idea di Bellezza ed estetica canonica firmata, consumi e trasmissione di sapere. 

 

L’usato, ovviamente ha a che vedere con queste interazioni reticolari, fa scaturire quell’ atto impulsivo d’acquisto che recita:  “Mi piace: lo prendo, è originale, un pezzo unico, di qualità, storico, costa poco…” e solitamente questo non è un atteggiamento tipico soltanto degli estimatori di uno stile o di un’epoca. Ma un po' di tutti quelli che vanno in giro a caccia di usato (di qualità). 

 

L’usato ci fa transitare dal modello perfetto del Diktat moda: dal Così è se vi pare firmato e lanciato dagli stilisti dalle loro torri d’avorio, alla scelta autentica, libera da dettami, che mette al primo posto il gusto personale, la mescola autentica di pezzi vintage e contemporanei, le nostre scelte di stile. 

 

Un atteggiamento culturale che ritroviamo consolidato nelle nuove generazioni, Millenials e Z, più evolute e acculturate in fatto di moda, estetica e design, che fanno ricerca dell’insolito, del raro, dell’eccentrico, sia per abiti che arredi; e che mettono al primo posto soprattutto l’espressione di se stessi. 

 

E’ interessante notare come questa evoluzione culturale in fatto di estetica sia frutto paradossalmente proprio della moda, un settore che negli ultimi anni ha molto contribuito ad accelerare e sdoganare tanti tabù, una certa estetica del passato recente (Il caso Gucci disegnato da Alessandro Michele ne è un esempio) negli abiti, negli arredi, nella comunicazione. 

 

Chi non vorrebbe andando in giro per mercatini e negozi second hand imbattersi in un “anonimo” pezzo di Martin Margiela (l’enigmatico stilista che non firmava col proprio nome e cognome, ma siglava con numeri e lettere i suoi capi ) il primo che abolì taglie, confini stagionali, maschile e femminile, tacendo la “griffe” e rendendola silenziosamente minimal. 

 

Oppure incrociare un pezzo di  Helmut Lang che sdoganò il basico rendendolo elegante; una giacca di Jil Sander che rese il femminile più maschile, i fit più misteriosi e intriganti. Un abito in jersey di Jean Paul Gaultier che estremizzò per primo (con tentativi istrionici) quel doppio identico a se stesso fra i generi, che oggi tanto affascina e che chiamiamo fluidità di genere. Una morbida giacca dello stesso Re Giorgio Armanicon la sua ricerca Spiritual - tessile e il progetto di  destrutturazione della giacca per lui e per lei. 

 

E un fit di Hedi Slimane che teorizzandolo extra - small, aboliva per sempre i generi e apriva il varco a un nuovo millennio realmente flexgender. 

 

Grazie alla globalizzazione e ad internet una nuova cultura si muove fra immaginari vintage e contemporaneità, che stabiliscono un nuovo significato antropologico, più umano, più vicino alle identità di ognuno, alle scelte personalissime di gusto, o forse semplicemente assecondano in maniera più naturale e tranquilla l’eterno gioco del desiderio di ognuno di essere se stesso anche attraverso abiti e case. 

 

Scegliere usato vuol dire anche un’altra cosa: mettere in relazione l’uomo con la realtà che lo circonda. Il fashion design può e deve arricchire la vita dell’uomo, non soltanto per la sua tensione etica e sociale (e quindi contribuire a una vita buona), non soltanto per il suo valore economico, per il suo valore estetico, per il suo valore culturale, ma perché rappresenta lo schema del pensare umano che produce l’ incessante trasformazione del mondo, interiore ed esteriore. 

 

Qual’è fra le nuove generazioni questo nuovo pensare umano

 

E’ tradotto da una sola parola: sostenibilità. L’usato, il riciclato, il rianimato appartengono a questo ambito. 

 

Il compito del design odierno non si basa più solo sull’estetica applicata al prodotto, utilizzata per renderlo accattivante, sotto le mentite spoglie di un’etica che magari non c’è, ma è più che altro importante riuscire a trovare soluzioni inedite, innovative, ecologiche e sostenibili. In grado di coniugare in modo concreto l’etica con l’estetica.

 

Il compito del designer contemporaneo è quindi quello di rendere consapevoli i consumatori verso prodotti sostenibili, arrivando a sensibilizzarli verso un pianeta meno inquinato. 

 

Il design non può essere solo lo specchio di uno sviluppo tecnologico; il design deve anche avere un’altra personalità, ossia quella di educare al senso dell’immaginazione, al senso del progetto, al senso delle connessioni, al senso del produrre ed utilizzare, al senso della bellezza, dell’inutilità, del piacere, al senso del futuro.Della memoria, della storia.

 

E in questo senso l’usato e chi lo sceglie opera il buono e il bello sostenibili.

 

 

 

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